Le epoche passano, i tempi corrono, l’informazione cambia, ma il modo di trasmetterla rimane sempre lo stesso. È ciò di cui si sono resi conto Ben Smith e Justin Smith, giornalisti statunitensi e fondatori del nuovo giornale online Semafor.

Tale intuizione non vuole limitarsi a un trito e superficiale incoraggiamento a ripensare il medium utilizzato. Persino nella transizione e diffusione in parallelo del giornalismo online l’articolo ha mantenuto la sua solita e consolidata struttura, composta di: titolo, sottotitolo, colonna/e di testo, nome dell’autore in testa o in coda ed eventuali fotografie. Varie modifiche sono state apportate – l’indicazione del tempo di lettura o la presentazione sinottica del contenuto per punti – ma nessuna di queste ha avuto come oggetto il corpo del testo. 

Di fatto: cambia il contenuto, cambiano le contingenze, ma la forma resta sempre la stessa. 

“L’articolo è un formato venerabile,” sottolinea la giornalista Gina Chua, “sviluppatosi per più di un secolo di giornali stampati, ma sta cominciando a mostrare i suoi anni”. 

Lungi dal tradursi in un mero proposito estetico, l’obiettivo di Semafor è garantire una maggiore trasparenza delle notizie, proponendo un rinnovato metodo di esposizione dell’articolo.

Stando alla redazione, il motivo per cui sempre più persone si allontanano dalla lettura giornalistica è il crescente scetticismo verso ciò che vi trovano scritto. Il problema degli articoli è che “sono raccontati da un’unica prospettiva” aggiunge Chua. “Questo rende difficile per i lettori fidarsi – o persino capire – il quadro generale”. Secondo la giornalista, manca la trasparenza sufficiente nel comunicare che anche gli articoli di notizia, oltre a quelli d’opinione, non sono esenti da un’influenza, seppur parziale, dell’autore. 

È inutile omettere tale informazione secondo Semafor, che anzi, mira a renderla esplicita.

Da un faceto gioco di parole, nasce così il “semaform”, un formato innovativo che prevede la suddivisione dell’articolo – o “unità atomica delle notizie scritte” – in cinque sezioni: 1. la notizia, nel modo più oggettivo possibile; 2. l’analisi del giornalista; 3. l’esposizione dei pareri contrari; 4. ulteriori prospettive sull’argomento; 5. informazioni aggiuntive. 

Chua fornisce prontamente un esempio, sfruttando una frase inventata, ma dalla costruzione plausibile: “In una mossa che probabilmente gli costerà l’elezione, John Smith è stato sorpreso a rubare le caramelle a un bambino”. Attraversando l’algoritmo del semaform, tale informazione verrebbe invece scomposta ne: il “fatto” avvenuto, ossia “John Smith è stato sorpreso a rubare le caramelle a un bambino”, seguito da quanto diverrebbe l’analisi del giornalista: “Si tratta di una mossa che probabilmente gli costerà le elezioni”.

Tale procedimento aspira a favorire la riconoscibilità di diversi passaggi del lavoro giornalistico, per invogliare una maggiore fiducia nel lettore e riavvicinarlo alla consultazione. Oltre a una compatta coltre di scettici, vi sono ciononostante molti opinionisti a domandarsi come mai un rinnovamento presentato in una luce così conveniente non sia già entrato nell’uso comune da tempo.

Una prima ipotesi largamente accreditata suggerisce la possibilità di un circolo vizioso generato dai lettori stessi: l’abitudine culturale all’articolo tradizionale potrebbe essere troppo radicata per rendere familiare un formato differente. Proprio i lettori diverrebbero, così, il principale scoglio al rinnovamento della notizia auspicato da loro stessi.

Una seconda ipotesi giustifica l’attaccamento al formato tradizionale dell’articolo implicando alcune nozioni di psicologia dell’apprendimento.

Nel corso del ventesimo secolo, lo psicologo statunitense D. Ausubel (1918 – 2008) suddivise l’acquisizione d’informazioni nelle due modalità con cui può essere conseguita: per scoperta (attivamente) o per ricezione (passivamente).

Alla luce di ciò, considerato l’articolo come una successione omogenea e conclusa di parole, l’impegno cognitivo applicato per estrapolare le informazioni conduce quindi il lettore a consolidarle meglio. Questo è ciò che s’intende per apprendimento attivo. Se si usufruisse invece di un’informazione già scomposta – in cui, ad esempio, il “fatto” fosse già scisso “dall’analisi” – sarebbe richiesto un impegno minore da parte del lettore per comporsi il quadro generale e le nozioni verrebbero trattenute meno. 

Insomma, inaugurato solamente da martedì 18 ottobre 2022, Semafor concentra su di sé nel giro di pochi giorni le opinioni più contrastanti. Nonostante gli scettici scrivano che: “Semafor reinventa le notizie rendendole più difficili da leggere” (dal Gawker), migliaia di lettori consultano quotidianamente il giornale e si accingono a rivedere il loro modo di informarsi. 

Fugace meteora o innovazione persistente? 

Di Noemi Manghi

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