
Se in un sogno o a causa di una tempesta elettromagnetica, capace di modificare le sorti dello spazio-tempo, vi doveste trovare nell’antica Grecia con tra le mani un calice di vino diluito e tutti i vostri commensali uniti al grido di τῷ βίῳ (tò bio), rilassatevi, state brindando alla vita.
La vita, Bios, origine del prefisso che oggi sta conquistando il mondo, muovendo le sue verdi truppe su di un Risiko sfibrato e stravolto da innumerevoli errori.
Ma basta cambiare una vocale perché quel brindisi onirico diventi un inno alla personificazione mitologica della violenza, Bia, la Gagliarda – sostituire un fonema e trovarsi in battaglia.
Così come basta un ordine perché una manifestazione studentesca in Messico si trasformi in un massacro a cielo aperto – Tlatelolco, Città del Messico, 2 ottobre 1968.
La dice lunga su di noi: la vita, la natura umana, è violenta. E non ha senso voltarsi dall’altra parte, mentendo a noi stessi, quando davanti ai nostri occhi vengono proiettati guerra e crimini.
Il male nasce, almeno in occidente e come definizione, in epoca cristiana, in quanto frutto del libero arbitrio dell’uomo. Ma questa soluzione concettuale, emersa dal misero budget religioso del tempo, ha costretto i più a rendere peccato e reificare all’interno di una ristretta cerchia di uomini ciò che invece definisce tutti noi, estraniando ed alienando i “buoni” e i “giusti”.
Una miscela mal dosata di paura, mancata accettazione e volontà – non istinto – di sopravvivenza ha portato l’uomo ad erigere muri invalicabili che non gli consentono più di avvicinarsi alla cruda realtà del proprio essere.
La nostra scelta, il nostro peccato originale, se vogliamo mantenere un lessico coerente, è stato in realtà quello di amarsi ed amare.
Solo attuando questa inversione di rotta semantica possiamo realizzare ed appropriarci dei successi morali cui siamo giunti, assaporare la gioia e l’amore che spesso invece passano in sordina nella monotonia quotidiana o vengono oscurate dalla potenza di eventi opposti. Abbandonare la nave dei folli e nuotare nel blu.
Ogni simbolo di crudeltà che incontriamo nel nostro percorso deve ricordarci la scelta fatta e quante potenzialità di miglioramento abbiamo ancora davanti. Eventi come guerre, aggressioni e assedi sono minuscole formiche, capaci però di trasportare imponenti briciole di attenzione e ricordi che, nolenti ad accettarle, etichettiamo come “altro da noi”. E mentre il colossale amore di un nonno, che prepara il pranzo alla nipote, si cela nell’intimità di quattro mura, il mondo si contorce, morso da questi piccoli insetti.
Il 2 ottobre si festeggia la giornata della non violenza, ma è anche la festa dedicata ai nonni.
Ora, al posto che celebrare un innaturale ideale di umanità, perché invece non ci focalizziamo su quei piccoli inveterati gesti di cura e affetto che un attempato eroe dedica a sua nipote? Un mezzogiorno sabatino, una fetta di pesce con le verdure, due generazioni che si perdono l’una negli occhi dell’altra. Questo è un momento da commemorare, questo è un esempio da seguire; certo, gli errori saranno ancora tanti, e dovremo ancora cadere più volte dalla nostra bicicletta morale, ma, almeno io, preferisco pedalare con le ginocchia piene di cicatrici, piuttosto che chiudere la mia vecchia Bianchi in una rastrelliera.
A cura di Antonio Floriani