
È cominciato il conto alla rovescia per il ritorno in Cina del panda gigante Ya Ya, attualmente nello zoo di Memphis, negli Stati Uniti. Negli ultimi giorni, sono giunti nella città americana altri due esperti cinesi, due membri dello staff dello zoo di Pechino, un veterinario e un guardiano, super-esperti nella cura dei panda in cattività.
Si sono uniti a un team cinese che già è in Tennessee per valutare le condizioni del prezioso orso, dal caratteristico vello bianco e nero. Ya Ya e il suo compagno Le Le sarebbero dovuti tornare in Cina all’inizio di quest’anno, perché è scaduto il contratto di prestito di 20 anni. Ma l’esemplare maschio è morto all’improvviso per un problema cardiaco il 1 febbraio nello zoo degli Stati Uniti. Di qui il pronto arrivo in Usa degli esperti cinesi, che devono cercare di capire le cause della morte.
Le cure dei veterinari cinesi riportano il panda sotto i riflettori per l’uso politico che Pechino fa di questo animale, diventato simbolo stesso della Cina: i panda sono stati per anni il volto affabile della diplomazia di Pechino, diventando “ambasciatori” della seconda economia del pianeta per rafforzare i legami.
Ma gli esempi della ‘diplomazia dei panda’ sono infiniti. Nel 1972, dopo che il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon incontrò il leader cinese Mao Zedong, la Cina regalò i panda Ling Ling e Xing Xing agli Stati Uniti. I panda conquistarono anche Angela Merkel, che nel 2017 accolse al Tierpark Zoo di Berlino l’esemplare femmina di tre anni Meng Meng (“piccolo sogno”) e il maschio, di sette, Jiao Qing (“tesoro”) assieme allo stesso Xi, in visita in Germania dopo un incontro del G20; in quel caso l’arrivo dei due panda venne definito “simbolico” delle relazioni tra Berlino e Pechino dall’allora cancelliera tedesca.