
Enrico Letta: provo compassione per lui. Per alcuni motivi che vado a riassumere.
Il primo: sbeffeggiato a destra, dopo le elezioni i più cattivi lo esaltano per avere garantito, con le sue scelte, il successo agli avversari. Sempre a destra temono il sostituto, che comunque sia non potrà fare peggio del buon Letta.
Il secondo: messo alle strette dal suo partito, come si dice, “obtorto collo” (suo malgrado), dovrà abbeverarsi all’amaro calice del Congresso che decreterà il suo sostituto.
Ma un salvagente lo dobbiamo ad Enrico, l’onestà intellettuale di Eoo ne sente l’obbligo.
Qualche merito dovremo riconoscerlo ad un uomo mite, garbato e teorico, più che politico da campo. Rientra dalla Francia per rilanciare questo partito. Da segretario affronta un periodo che ritiene di ristrutturazione, fino ad accendere le speranze di una rosea possibilità di futuro di elezioni e successivamente di governo. Le alleanze e Draghi lo premiano. Le stesse alleanze però fanno cadere il governo Draghi e l’Enrico nostro.
Enrico ha il coraggio di rappresentare una verità amara triste, cruda ma reale: questo vale il Partito Democratico oggi, la sconfitta. E se vuole riappropriarsi del proprio DNA, non con programmi d’aria fritta, ma tornando in strada ed ascoltando la gente (vedi recentemente la gente come lo accoglie), deve dare corpo alle politiche sociali della sinistra, stile reddito di cittadinanza o salario minimo. Cose simili fanno voto.
Rubando il fuoco sacro della sinistra agli usurpatori odierni, CGIL e Movimento 5 Stelle. Pena la sconfitta elettorale, con sfregio in odore di Movimento Sociale italiano. Mamma mia. Cosa resta di tutto ciò? Il bravo Enrico che al Congresso dovrebbe tirare fuori dai pantaloni l’orgoglio e presentarsi in maglietta falce e martello e dire “Io vi ho tracciato la strada, il Nilo è aperto. Sono qua, Noè comunista, datemi i poteri e vi darò la piazza!”.
Forse Enrico, basta che non riparti dallo ius scholae, non gliene frega niente a nessuno!