
Tempo fa, con un amico, parlavo dei Maneskin, del loro successo a Sanremo e del testo della canzone che ha vinto.
Digressione: entrambi abbiamo trascorso parte della nostra esistenza a Roma per lavoro. Ridevamo quando si parlava del tessuto umano di Tor Bella Monaca. Ridevamo di gusto, ma per scaramanzia: ci era ben chiara la fortuna che abbiamo avuto a non nascere in quei posti. Dove a nostra conoscenza, sbagliata in parte per quello che dirò dopo, l’unico sentimento possibile è l’attaccamento alla vita, sopravvivenza pura. Fine digressione.
Associavamo i Maneskin a Tor Bella Monaca e il testo della loro canzone “Zitti e Buoni”, che per comodità segue, l’inno giusto.
Loro non sanno di che parlo
Voi siete sporchi, fra′, di fango
Giallo di siga fra le dita
Io con la siga camminando
Scusami, ma ci credo tanto
Che posso fare questo salto
E anche se la strada è in salita
Per questo ora mi sto allenando
E buonasera, signore e signori, fuori gli attori
Vi conviene toccarvi i coglioni
Vi conviene stare zitti e buoni
Qui la gente è strana, tipo spacciatori
Troppe notti stavo chiuso fuori
Mo’ li prendo a calci ′sti portoni
Sguardo in alto tipo scalatori
Quindi scusa mamma se sto sempre fuori, ma
Sono fuori di testa, ma diverso da loro
E tu sei fuori di testa, ma diversa da loro
Siamo fuori di testa, ma diversi da loro
Siamo fuori di testa, ma diversi da loro

Io ho scritto pagine e pagine, ho visto sale poi lacrime
Questi uomini in macchina e non scalare le rapide
C’è scritto sopra una lapide, in casa mia non c’è Dio
Ma se trovi il senso del tempo risalirai dal tuo oblio
E non c′è vento che fermi la naturale potenza
Dal punto giusto di vista, del vento senti l′ebrezza
Con ali in cera alla schiena ricercherò quell’altezza
Se vuoi fermarmi ritenta, prova a tagliarmi la testa perché
Sono fuori di testa, ma diverso da loro
E tu sei fuori di testa, ma diversa da loro
Siamo fuori di testa, ma diversi da loro
Siamo fuori di testa, ma diversi da loro
Parla, la gente purtroppo parla
Non sa di che cosa parla
Tu portami dove sto a galla
Che qui mi manca l′aria
Parla, la gente purtroppo parla
Non sa di che cosa parla
Tu portami dove sto a galla
Che qui mi manca l’aria
Parla, la gente purtroppo parla
Non sa di che cazzo parla
Tu portami dove sto a galla
Che qui mi manca l′aria
Ma sono fuori di testa, ma diverso da loro
E tu sei fuori di testa, ma diversa da loro
Siamo fuori di testa, ma diversi da loro
Siamo fuori di testa, ma diversi da loro
Noi siamo diversi da loro.
Ecco, dicevamo (e credevo), con questi testi si compie l’educazione sentimentale dei bambini nel quartiere. Oggi, una luce diversa. La trasmissione Rai Radio 1 alle 9 del mattino, con il suo “inviato speciale” parla di una scuola media di Tor Bella Monaca, e intervista gli alunni. Non sto a ripetere le parole, ma si è, con mia grande sorpresa, percepita nella voce di bambini una voglia di sentimenti “convenzionali”. A proposito di sentimenti, mi ha commosso sentire i bambini delle medie di Tor Bella Monaca che parlano di voglia di amicizia, amore, gioco, stare insieme, imparare, scuola.
Poi immediatamente mi sono chiesto: ma dove succede che queste cose poi si perdono per strada e i buoni sentimenti vanno a farsi fottere? Ed esplode la cultura sentimentale dei Maneskin? Una mia risposta personale: se da bambino hai imparato ad andare in bicicletta o a sciare, non smetti più. Basta salire in ogni momento su una bici o sugli sci, ed è come se tu non avessi mai smesso.
Per i sentimenti è uguale: prima o poi, parlo di quelli positivi, se li hai frequentati da piccolo escono. E ti fanno stare bene. Ma devi coltivare in qualche modo le cose. Sentimento, etimologicamente, deriva dal verbo sentire, ciò che ha a che fare con la propria vita intima, affetti emozioni. Un elenco dei più graditi e positivi: amore, amicizia, contentezza, appagamento, compassione, devozione, dignità, eccitazione, fiducia, gratitudine, meraviglia, perdono, rispetto, serenità, simpatia, spensieratezza.

Ora arrivo al punto, per il quale inseriamo questo articolo nella sezione lettura. Premessa: come i Maneskin sono capace anche io di dire parolacce. Ma altresì, se devo pensare a un’educazione ai sentimenti, non posso pensare a loro, ma molto più banalmente a un bel libro. Non mi vergogno affatto, perché ogni dieci anni lo rileggo per riabituarmi a questi fondamentali. Con i quali, senza perdere la attuale complessità della vita emotiva, consiglierei a tutti di crescere.
“Ricordi di Scuola” di Giovanni Mosca. Cercatelo, è intramontabile. Il miracolo dell’albero, Battisti Lorenzo, la signora Cenci, i fiori nel teorema di Pitagora, ultimo giorno di scuola, il tesoro del maestro Pagliani, il marciatore con il paltoncino, anche gli uccelli vanno a messa. Ebbene, un trattato di sentimenti. Non un libro cuore, ma sentimenti veri, non uno elencato in precedenza che manchi.
Ed educate i piccoli che dipendono da voi per l’educazione con questi strumenti. Se vi dicono che siete diversi e anacronistici, beh, magari chiamatemi e chiedetemi una ricetta per portarli fuori una sera. Non sarete i Maneskin, ma posso insegnarvi a stupirli e ad essere fuori di testa. Con sentimento.