Avere o essere. Erich Fromm ha lanciato la volata: nel 1976 esce un libro per me fondamentale per l’approccio ad una riflessione di cambiamento radicale. Non che lo abbia letto nel 1976, pensavo ad altro. Ma la mia lettura postuma lo giudica tale. Non vi annoio, ma la critica al possesso materiale è stata per me fondamentale per la crescita dell’uomo. Non sono però un po’ integralista, e credo come sempre in un approccio equilibrato alle cose. Non faccio la guerra a chi possiede, ideologicamente. Sono per la moderazione da applicare alla relazione ricchezza – beni materiali.

Insomma, avete capito, non svendiamo il nostro essere, le nostre peculiarità emozionali e sentimentali, il nostro altruismo o essere sociale per lo smoderato desiderio di beni e benessere, alias egoismo sfrenato. Dicevo ha lanciato la volata a quello che oggi si sta realizzando nella nostra società, ovvero la sempre più frequente rincorsa all’accesso, all’esperienza di un bene piuttosto che al possesso. Siamo agli inizi di una tendenza, e già da più parti questa viene criticata come una patologica e ormai mal radicata caratteristica del nostro homo modernus.

Si critica la ormai tracciata strada di abbandono dell’esperienza degli oggetti. Non siamo più capaci di legarci alle cose. La critica sostiene che all’estremo la conseguenza sarà che non saremo più capaci di legarci alle persone. Ne vorremo solo fare esperienza, come oggi ci capita sempre di più non solo con la ricerca spasmodica di esperienza di informazioni, ma soprattutto con la esperienza di cose.

Qualche esempio? Pronti: pensate alle formule di acquisizione di un’autovettura e a come la proprietà sia sostituita sempre di più da formule di affitto. Temporaneo. E pensate al vostro smarrimento, abituati al possesso di una vettura versus il fatto di esserne semplici fruitori. Proseguendo: eBook! Rivoluzione. La biblioteca scompare! Ancora. L’accesso alla musica delle catene remote: aiuto, il cd ed il vinile dove sono finiti? Potrei continuare. Mi fermo, prendo fiato. Per esprimere la mia ferma condanna alle critiche antimoderniste, al criticar per forza, al male di vivere insito in ogni cosa che è modernità.

Se Erich Fromm ha tracciato le strade dell’essere, ora che le abbiamo finalmente individuate non possiamo, non dobbiamo ripensare a ciò che a mio parere è un’innegabile rivoluzione in positivo: l’essere e il pensare sono finalmente dominanti. Non più indiscriminata amplificazione del proprio inutile senso di ostentazione, avendo, ma ragionate scelte ci danno la misura della nostra capacità di soggetti razionali ed evoluti, criticamente alla ricerca delle informazioni corrette, in ogni campo.

Siamo inoltre e finalmente capaci di razionalizzare il rapporto con la materialità dei beni e nella misura in cui questi esaltano la nostra personalità, siamo capaci di valorizzarli. Apprezzando gli sforzi di chi sia capace di proporre beni in grado di valorizzare le nostre idee e i nostri corpi. Una filosofia, un rinnovamento che personalmente mi sento di sostenere, una riflessione a cui, senza pretesa conclusiva o di convincimento, vi invito. Su una cosa sola opporrò una forte resistenza, a che si spezzi il vincolo che ci lega alle persone: Amor omnia vincit forever!

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