
Finito il Natale, durante il quale, per Statuto, tutti devono migliorare il proprio livello di bontà. I cattolici celebrano uno dei più importanti momenti fondanti, i non credenti seguono il movimento del suo sentimento.
Una riflessione, più che mai necessaria ai tempi delle vite di corsa, per celebrare un aggiornamento dei nostri sentimenti: il Natale ci deve dare le misura di quanto ancora sia presente in noi il sentimento. Invito tutti a contare le volte che, durante il 2021, vi siete fermati a fare una bella riflessione sui vostri sentimenti, sul vostro essere capaci di relazionarvi con la dovuta compassione nei confronti del vostro interlocutore. Il Natale dovrebbe fungere da acceleratore di questa dinamica, senza esserlo in modo distorto: troppo buoni a Natale, poi merde tutto l’anno.
Per assimilare il Natale ai battiti del cuore, dato il battito a riposo di 65 colpi al minuto, il Natale dovrebbe arrivare a 75. Oltre è essere troppo inopportunamente buoni.
Finito il periodo, riportiamo i battiti a 65 e prepariamoci ad affrontare l’anno che verrà con rinnovato impegno, sentimentale ed emotivo: dovremmo uscirne capaci di rapportarci con il prossimo con approccio più consapevole della relazione.

Tutto questo trambusto mentale trae spunto da un libro: “Insultare gli altri” di Filippo Domaneschi, edito da Einaudi. Nel trafiletto iniziale si analizzano le ragioni della viralità dell’insulto e del linguaggio d’odio nelle conversazioni quotidiane, ad ogni livello. Un giudizio negativo dell’insulto traspare, ma l’insulto comunque merita attenzione. Vuoi vedere che la conclusione dell’autore sarà che anche l’insulto merita la dovuta attenzione perchè ci aiuta a capire mondo e persone, e ce ne dobbiamo servire allo scopo?
Sul Sole 24 Ore della domenica, un editoriale racconta come all’italiano si affidi un approccio all’insulto unico nel suo genere. L’insulto, nel resto del mondo, è extrema ratio quando il bagaglio della ragione è esaurito. In Italia sta al limitare della comune modalità del linguaggio. Comunque sia, questi commenti mi hanno scatenato una ribellione naturale, ostile all’insulto, non solo come modalità ordinaria di comunicazione, ma anche straordinaria.
Nell’insulto, anche bonario che sia, esiste sempre una strisciata di acredine, che l’approccio comunicativo dovrebbe sempre escludere. Ho citato all’inizio lo spirito del Natale da quotidianizzare: partire dalla facilità di insulto per arrivare al controllo razionale della comunicazione. Razionale la parola centrale, lo spunto che ci potrebbe aiutare a mantenere il controllo dello spirito sentimentale ed emotivo del Natale per la vita quotidiana.
Dicevo prima, nella presentazione del libro si legge che l’insulto è esplosione articolata della lingua italiana, che non vale solo per l’insulto. L’intera lingua italiana garantisce un’articolazione descrittiva unica nel mondo. Esiste una parola per descrivere ogni tipico oggetto, fenomeno o situazione della nostra vita. Non un pressapoco, ma proprio ogni.
Per questo, in conclusione, la qualità della comunicazione non può e non deve mancare, per avere ogni giorno serene relazioni con ogni interlocutore, significative ma mai fuori dalle righe. Si parla tanto di comunicazione efficace nel lavoro, la formazione a questi temi è diffusissima. Tutto ciò, però, parte da un approccio conoscitivo della propria lingua, dalla curiosità di sapere che parole usiamo, cosa significano, senza perdere tempo nella conoscenza di ciò che alla comunicazione non serve: l’insulto, del quale dobbiamo non sentire compulsivamente la mancanza.