“The Absolute enters into, but is itself incapable of, evolution and progress”. L’Assoluto entra nel mondo, ma esso stesso è incapace di evoluzione e progresso.

Non cerchiamo di spogliare l’affermazione dalla sua parvenza di aforisma: gli stessi metafisici sostengono che tanto più assurde sono le formulazioni sull’assoluto, più fedelmente rappresentano la realtà. La precedente citazione è una delle innumerevoli considerazioni raccolte in Appearance and Reality, saggio sulla metafisica di F.H. Bradley pubblicato nel 1893.

“Che cosa ci lascia?” è invece la domanda posta da A.J. Ayer (1910-1989) portavoce anglosassone del neopositivismo. Che cosa significa che “l’Assoluto” – qualunque cosa sia – fa il suo ingresso nel mondo? Come si può giudicare se è in grado di “evolversi”?

IL CIRCOLO DI VIENNA

Al sorgere del XX secolo, in principio in Polonia e nei paesi anglosassoni, si delineò un indirizzo ben specifico della filosofia della scienza contemporanea, che prese il nome di “filosofia analitica”.

La filosofia della scienza (o epistemologia) è la branca della filosofia che si occupa dello studio critico della natura e dei limiti della conoscenza scientifica.  Fino a dove possiamo spingere il nostro sapere? Che cosa possiamo dire conoscenza certa e cosa è invece pseudo-conoscenza?

Sotto l’insegna del neopositivismo – questa fu l’espressione più influente della filosofia analitica – nacque il cosiddetto Circolo di Vienna, cenacolo di filosofi e scienziati con l’obiettivo di fondare, come da manifesto, una “concezione scientifica del mondo”: unificare la scienza e poter finalmente comprendere fino a dove possiamo ritenerci sicuri di sapere.  

Quali sono le conclusioni a cui giunsero? 

UN SISTEMA DI ATTI

Primo passo per giungere a una conoscenza certa è osservare in modo critico le questioni avanzate e capire dove si può costruire conoscenza certa: quali ambiti sono compatibili con l’analisi della ragione. 

Molte delle domande che ci poniamo sembrano fattuali, ma non lo sono. Esiste un Dio? Cos’è l’Assoluto? E’ giusto comportarsi in questo modo? Empiricamente è impossibile trovare riscontri da elaborare razionalmente: sono pseudo-questioni.

La filosofia non è più quindi una scienza a parte, bensì l’attività attraverso la quale si mira a discernere le questioni fattuali da quelle prive di senso. Metafisica, teologia, estetica ed etica sono tutti soggetti senza significato: nulla di detto a proposito può essere verificato.

“noi riconosciamo in essa [la filosofia] […] anziché un sistema di conoscenze un sistema di atti. La filosofia è insomma l’attività mediante la quale si chiarisce e si determina il senso degli enunciati”.

M. Schlick (La svolta della filosofia, in Tra realismo e neo-positivismo, cit., p. 31)

 IL PRINCIPIO DI VERIFICAZIONE

Riconosciuta l’analisi empirica (cioè dei fatti) come metodo per la conoscenza certa e usata la filosofia come strumento per eliminare le discipline ove questa non può essere applicata, resta da capire quale criterio adottare per determinare le questioni realmente significanti, delle quali possiamo occuparci e sulle quali è possibile costruire sapere certo.

La risposta sta nel principio di verificazione,formulato da M. Schlick e ripreso da A.J. Ayer nel suo “Linguaggio, verità e logica”. Esso afferma che un’affermazione ha significato solo se sussistono le circostanze atte a verificarne o falsificarne la validità; queste circostanze non sono altro che una possibile, osservabile situazione.

Per esempio, stando ai neopositivisti, un’affermazione come “Ci sono alieni su Marte” ha senso, merita e può essere indagata, poiché sappiamo cosa bisognerebbe fare per confermarla: riscontrare un segno o un’osservazione di una forma di vita su quel pianeta.

Intento dei neopositivisti non è tanto giungere alla verità in sé di una questione, quanto piuttosto stabilire i limiti della conoscenza e cioè se questa questione ha significato, vale a dire è verificabile.

Come sostiene Schlick:

“il significato di una proposizione è il metodo della sua verifica”.

(Significato e verificazione, in Tra realismo e neo-positivismo, cit., p.189)

COMMENTI FINALI

Il celebre Linguaggio, verità e logica di Ayer costituisce un efficace compendio delle tesi del neopositivismo anglosassone.

La cura per l’epistemologia, combinata alla prospettiva scettica dei neopositivisti continentali, l’influenza di Wittgenstein sull’analisi del linguaggio, oltre alla risolutezza di un venticinquenne, la rendono un’opera estremamente significativa.

Dato il successo del libro, fu poi chiesto ad Ayer che cosa sarebbe seguito dopo. Nella sua abituale maniera arrogante rispose che: “Nothing comes next. Philosophy is over.”

Similmente:

David Hume, Ricerca sull’intelletto umano

Saul Kripke, Nome e necessità

Karl Popper, Logica della scoperta scientifica

Ludwig Wittgenstein, Ricerche filosofiche

Di Noemi Manghi

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