Inizia l’anno nuovo, le donne di tutto il mondo corrono a controllare quotidianamente la cassetta della posta: chi deve percorrere sciabattando il breve selciato di una bifamiliare, chi si lancia in ascensore premendo compulsivamente la “T” e chi in vestaglia aspetta l’arrivo del postino soffiando il bollore da una tazza di caffè, mentre la condensa si attacca alla finestra e per qualche istante le impedisce la visuale: che ansia. Aspettano quel momento da 300 giorni: 7200 ore di attesa, 432 mila mucchietti di 60 interminabili secondi divisi da un breve e lievissimo rintocco, che se ti concentri e trattieni il respiro, forse riesci a sentire. D’un tratto lo scalpitio degli zoccoli sull’asfalto, il coro di trombe trasportato dal vento, bandiere ornate d’oro che tagliano l’orizzonte con ricami suadenti e regali: è arrivato – dopotutto, quest’anno, anche in anticipo. Le donne si lanciano in strada come le socialiste russe a San Pietroburgo nel ’17, ma questa volta non per lottare: ad ognuna di esse che si avvicina al carro viene consegnato l’invito.

La sua gentile presenza sarà altamente gradita al gran galà dell’8 Marzo.

La Festa della Donna si svolgerà all’interno della Suite Fatale.

Troverà la guida e ogni attrezzatura necessaria per l’accesso al metaverso all’interno della presente scatola.

Qualche checca squittisce, a lato della strada, infuriata per non aver ricevuto l’ambita convocazione, mentre un travestito si avvicina con i suoi sfavillanti tacchi a spillo, due tette nuove di zecca e il braccio teso verso il messaggero. Una versione LGBTQ della Creazione di Adamo del Buonarroti: il messaggero, come il Padreterno, ha il potere di concedere l’esistenza – in questo caso però quella ‘capricciata’. 
Insomma, un party online con 3 miliardi e mezzo di invitate e una scaletta di eventi dal grande impatto visivo: una pioggia di mimose, una tavola rotonda con Chiara Ferragni e l’ologramma di Rita Levi Montalcini, un cocktail party con la Femme Fatale – da cui il nome della Suite – che hanno bucato lo schermo nella saga di James Bond e un piccolo laboratorio di manicure per il proprio avatar.

Mentre tutto questo caotico assembramento virtuale freme, restando ogni sua componente comoda sul divano di casa propria, una donna apre gli occhi girandosi nel letto insospettita dal profumo di caffè: si stiracchia, occupando l’intera superficie del materasso e cerca di abituare gli occhi a quel piccolo spiraglio di luce che trapela dalle tapparelle.

Non vede nulla: senza lenti il mondo per lei è offuscato, sbiadito, sfocato e confuso, ma le orecchie funzionano, una volta tolti i tappi. Riesce a capire, dai rumori provenienti dalla cucina, che qualcuno le sta preparando la colazione: uno yogurt in cui inzuppare qualche manciata di cereali, il miele – quello cristallizzato e rigorosamente da frigo –, le fette biscottate affiancate da una marmellata qualsiasi e il borbottio della moca. Si alza e nel compiere il tragitto per arrivare al bagno, lancia un’occhiata confusa nel cucinino, ti vede, si avvicina saltellando, alza lievemente i piedi sulle punte, ti bacia… e tu baci lei.

Quanto è bello zumare e scoprire un dettaglio in una fotografia. Ogni donna ha la propria mimosa: la sua ha il profumo di riso in bianco, i rametti che si intersecano come i suoi piedi nelle tue gambe per scaldarsi quando ha freddo, il colore ambrato di un’abbronzatura che non riesce ad abbandonare la sua pelle – e come biasimarla, lei è una festa.

Di Antonio Floriani

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