
Desertificazione: una parola lunga, stancante da pronunciare, soprattutto con l’afa che appesantisce l’aria in questi giorni. Ci vorrebbe un bel bicchiere d’acqua fredda dopo averla detta – un colmo non tanto simpatico.
Per oggi rimaniamo nel piccolo, rimaniamo in Italia. Qui, l’impatto della desertificazione risulta evidente su circa il 30% del territorio nazionale: porzioni di terreno che per decenni sono state costrette a ripetere freneticamente questa logorante parola in periodi asfissianti propri della sintassi kafkiana.
Un horror vacui di pascoli e coltivazioni che ha portato a ricoprire ogni singolo poro della nostra terra, impedendole di respirare e sudare – un’apnea che dura da troppo tempo.
Tendo a dimenticare ciò che vivo, ma alcuni ricordi, rimangono saldamente impressi nella mia mente e ogni tanto bussano per scroccare un po’ di zucchero per tenersi in forma, giorno o notte che sia.
Uno è il Nure, torrente di 75 Km, che da Ferriere a Caorso viaggia portando nel Po l’acqua di Fontana Gelata – viaggiava. Ricordo le camminate lungo il fiume nei pressi di casa, i girini negli angoli d’acqua stagnante, e Ginevra che si tuffava – un maremmano albino, avevo 8 anni, era mia sorella.

Ricordo i passaggi sul Ponte dell’olio a bordo della vecchia mini di mamma mentre si andava a trovare i nonni, la gente che faceva il bagno, i bambini che giocavano. Ricordo una piena, avevo avuto paura. Ma nulla spaventa di più di vedere il luogo dei propri ricordi svanire.
A volte si necessita di un tuffo nel passato, ma se non c’è acqua, si rischia l’osso del collo. Oggi del Nure non rimane altro che qualche pozza nei comuni più alti. Oggi il Po vive la secca peggiore degli ultimi 70 anni. Oggi i nostri ricordi rischiano di inaridirsi insieme ai luoghi ai quali sono legati, che piano piano diventeranno irriconoscibili anche a chi li ha amati con tutto sé stesso: una forma di prosopoagnosia geografica.
Il 17 Giugno ha lo scopo di sensibilizzarci ai rischi – che oramai sono pericoli – della desertificazione e della siccità, ma dall’istituzione di questa giornata nel 1995, io non ho visto alcun progresso. Io sono stufo di sentir parlare di stime, rispetto alle quali mi sono quasi totalmente desensibilizzato. Parliamo invece dei nostri ricordi, del nostro passato, di storie e racconti, di giochi, odori e rumori che oggi hanno perso il loro ancoraggio alla realtà e vivono solo nella nostra mente – chissà ancora per quanto.
Ciò che non si vede si immagina, ma è molto difficile immaginare qualcosa che non si è mai visto. Non sono mai sceso più in basso di Battipaglia (SA), un’estate vorrei andare in Sicilia o in Calabria e non aver bisogno della mia immaginazione per poter ammirare il panorama.

Non vorrei aver bisogno di una realtà virtuale per fare il “bagno” in una vasca di alluminio messa dove un giorno sorgevano gli impianti balneari. Non vorrei, non voglio, e credo che nessuno di noi possa augurarsi questo futuro.
Quando leggiamo “stay hydrated” su borracce e post di Instagram o ascoltiamo le raccomandazioni da TG serale durante i giorni più caldi dell’anno, ricordiamoci che non siamo gli unici a soffrire e che la Terra, sotto i nostri piedi, ha i nostri stessi bisogni.
Di Antonio Floriani
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