
6:30 del mattino: il sole inizia già a scaldare e i banchetti della fiera di Sant’Antonino hanno conquistato il pubblico passeggio piacentino. Niente fuochi d’artificio, non siamo così patriottici come i nostri cugini.
Colazione routinaria la mia. Apro il frigorifero, acciuffo un vasetto di yogurt greco da miscelare con miele, crusca e uvetta, guardo la data di scadenza e penso che manchi qualcosa.
“Da consumare entro”, queste parole assumono nella mia testa un tono direttivo, dittatoriale. Parole alle quali ribellarsi, con buon senso, e scoprire il vero sapore della mozzarella – quella legalmente deceduta due giorni prima – e rendersi conto di aver vissuto tra le ombre culinarie della caverna di Platone fino a quel momento.
Parole che però nascondono, dietro veli di democristiani “preferibilmente”, informazioni molto più importanti.
Qui, ciò che scade è il contenuto, non il contenitore.
Quasi una forma di ateismo consumabile. La maggior parte del mondo crede che sia il nostro contenitore a scadere, mentre il contenuto trascenda e si trasformi in altro da sé. La maggioranza dei culti e delle popolazioni pensa che sia il corpo a subire l’influsso del tempo e di conseguenza morire, mentre anima, intelletto, spirito – o comunque si voglia chiamarlo/a – non necessiti di una data di fine.

Qui, ciò che scade è l’apparenza, non l’essenza – manchiamo di coerenza. In effetti, ciò che sopravvive per giorni nel nostro frigorifero per essere poi consumato in qualche minuto, lascia un cadavere difficilmente decomponibile. Come se dopo la morte, il nostro corpo se ne andasse in giro a zonzo, in uno scenario mix tra le pellicole di Lucio Fulci e di Mel Brooks.
Non è fortunatamente così, ed essendo eterni egocentrici costruttori – anzi modellatori – del mondo, a nostra immagine e somiglianza, non si comprende il motivo di questa incoerenza. Ma ancora, le tonnellate di plastica che sopravvivono al loro scopo rimangono a vagare in un limbo anti-ecologico che non finisce, ma bivacca sui nostri tavoli, dopo esser state abbandonate nelle acque degli oceani e ingerite dai pesci che compongono le nostre diete.
Allora il contenitore diventa il contenuto. Un’eresia meritevole di condanna. Estremizzando questo processo, arriveremo ad un orwelliano “2984”, in cui in magazzini alimentati ad energia solare, robot alimentati ad idrogeno spediranno confezioni di plastica contenenti plastica – base della catena alimentare mondiale.
Oggi è la Giornata di Azione Europea Raccolta Coperchi di Plastica e azione europea significa azione congiunta.
I dati dei danni che abbiamo già causato, sono reperibili in qualsiasi istante sulle piattaforme di ricerca online, pronti a farvi vivere qualche momento di ansia, prima che la pubblicità di un fast food o di un e-commerce orientale low cost vi causi questa dannata amnesia selettivo-collettiva che sembra dominare il mondo.
Se i dati vengono dimenticati, magari questa breve e personale riflessione concettuale, ci aiuterà a ricordare, come il taglio sulle mani dei bambini del Club dei Perdenti di Derry nel romanzo di Stephen King.
Di Antonio Floriani