Non è ancora l’alba e come quasi sempre sono già sveglio. La domenica, nella classica accezione letteraria, è definita spesso come stanca. Alla nostra visione di artigiani di letteratura minore, a noi, a me, non è mai sembrata così stanca. La domenica presto sarà anche stanca, ma non è poi così diversa da ogni altra mattina all’alba. Soliti mezzi che attrezzano la pulizia, il solito rumore lontano delle auto. Ma il mattino presto è il mattino presto, non stanco, solo meno popolato. Anzi devo essere sincero, il vocio di qualche tiratardi dà alla domenica mattina un’efficienza e una vitalità che gli altri giorni della settimana non hanno, a quell’ora.  

Anche il mio piccolo mondo di riferimento è, nonostante la domenica, sempre attivo, non stanco: qualche amico o collega o cliente che mi parli di lavoro c’è sempre. E guai a Dio se fosse diversa, vorrebbe dire che sono diventato inutile. È tanto inutile tirarsela dicendo che ti rompono anche il sabato e la domenica: con un moto responsabile e sincero temo il momento nel quale alla domenica non mi scriverà più nessuno per chiedere un parere. Al sabato e alla domenica la differenza sta nel fatto, di norma, che sono gli amici e i più intimi. 

Maglioncino, copertina sulle gambe, butto un occhio per la prima volta del giorno su whatsapp, che mi segnala qualcosa: la mia vita social non è, a differenza di quella professionale, molto complessa. I miei parenti, scrittori molto parchi; gli amici, anche loro non esagerano. La vitalità del mezzo è più nella attività dello “stato” che è quella parte del social dove, a favore di tutti, tutti pubblicano foto o video degni di attenzione. E io che sono curioso spulcio quanto viene postato da qualcuno, non da tutti. Uno dei più seguiti è mio cognato, che ha la bella abitudine di postare le sue scorribande alimentari di fine settimana. Non so se mai abbia fatto esami per misurare il colesterolo, ma se tanto mi dà tanto, o durante la settimana è un monaco, o qualche campanello d’allarme da qualche parte dovrebbe farlo suonare.

Ma non solo, ogni tanto pubblica anche video o immagini di eventi. Apro la sua ultima creatura: una sala dove si sta suonando musica dal vivo. Una band suona un brano di David Bowie, “Rebel rebel”. Lì per lì non ci faccio molto caso al contesto, se nonché una voce di sottofondo dice “Ma quanto è alta questa musica!!”. La frase mi incuriosisce, non mi sembrava un volume insostenibile, da rave. Ingrandisco l’immagine e una platea di teste pelate ha il sopravvento, per arrivare ai componenti della band, attempati 50enni che sriffano musica, dando l’immagine più della moviola che di un “tiro micidiale”. E allora dico: onore a mio cognato, 52 enne e a tutti quelli come lui.

Un’invidia terribile, perché signori, a 20 anni, 30 anni, è facile mangiare, bere, fumare, fare e vivere nel casino, 24h. A 52 è quella che si definisce resilienza. Senza esagerare, un fisico bestiale. Lo invidio perché non ce la farei. Lo invidio? Sì sinceramente, e come segno di rispetto, nell’ordine: cerco la mia poltrona, mi tiro su la copertina, godo il giorno che comincia a fare breccia dalle finestre. E apro la mia rosea Gazzetta. 

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