Alla filosofia Zen è stato abbinato di tutto. La manutenzione della motocicletta, il tiro con l’arco o anche l’arte di allevare galline. Alla filosofia in generale ancora di più.

Steso sul divano, immaginavo già di avere avuto l’idea: Lego e Filosofia. E invece no: non lo recensirò, forse non lo leggerò, ma per chi fosse interessato, il titolo di oggi è Legosofia. Apologia filosofica del Lego, Il melangolo.

Avrete capito che voglio parlare di Lego. Non sto a raccontarvi di come io e i Lego siamo legati sin dall’infanzia, quando ancora il connubio Lego – costruzione iconica (architettonica, storica, etc) era meno marcato, quando prevaleva anche solo la semplice creatività del mattoncino. Da adulto, poi, ogni scusa è stata e è buona per rituffarmi nel mondo dei Lego. Prima con mio figlio, ora con mio nipote. E non crediate che il motivo fondamentale sia tramandare una passione di generazione in generazione. Il motivo è esclusivamente egoistico: a me piace da morire giocare con i Lego.

Da quando sono adulto ancora di più: lo stupore del castello, della nave dei pirati, del Colosseo, della fontana di Trevi, del camper Volkswagen, della navicella spaziale, dei supereroi. Io, appassionato di Land Rover, il Defender. E per non farci mancare niente la Lettera 32 Olivetti, la storica macchina da scrivere resa famosa da Indro Montanelli, il Giornalista. L’ho messa sulla scrivania ancora incartata.

Come funziona la passione Lego? Semplice. Visita al negozio di giocattoli, rigorosamente con figlio o nipote, prodromica del gioco di squadra che sarà. La scelta, un Lego per il piccolo, un Lego per il grande. Arrivati a casa nell’ordine: lo stupore del piccolo, quello del grande, di fronte alle scatole con la fotografia del Lego terminato, l’apertura della scatola, i sacchetti con i mattoncini, meglio, con tutti i particolari necessari a dare forma compiuta al Lego. Poi il manuale: il santino, si sfoglia, si parte dall’immagine numero uno, la posa del primo pezzo, e da quel momento non si molla nulla fino al termine. Per tornare al divano da cui sono partito, l’idea voleva essere un’analisi veloce. Cercare, al di là dell’egoismo, di comprendere i motivi del successo del mattoncino. Quanta parte del fascino di questo gioco sia legata all’immagine, alle bellezza delle varie, tantissime proposte. Oppure, diversamente, quanto siano presenti aspetti psico, socio, filosofico, cultural e aziendal futuribili. Senza esagerare in complessità.

E allora: il Lego è rilassamento. Come dicevamo apri la tua scatola, metti in fila i sacchetti con i pezzi, sfoglia il manuale e, come fossi un architetto, crea. I battiti del cuore calano, la testa stacca da tutto, corpo e mente si concentrano in questa tua nuova accezione di creatore. Il Lego è medicina: hai un problema di autostima? Ecco la costruzione, facile o complessa che sia, arriva e mette un cerotto. Il manuale è un binario per la costruzione, ma credetemi, serve anche tanta, tanta bravura, nell’interpretare pezzi e manuale. Non è una seduta terapeutica, ma un bel cerotto!

L’ultimo mattoncino è una soddisfazione unica. Il Lego cementa relazioni: provate ad affrontare con un figlio o un nipote la costruzione. Si crea la magia della squadra, del problema e della sua soluzione. Ora uno, ora l’altro, un sostegno reciproco e, magia, finito. Siccome poi, salvo casi rarissimi, la costruzione per un pò di tempo sarà lì, bella da vedere, allora, ad imperitura memoria, magia di squadra, ricorderemo quel pezzo difficile da trovare e la gioia comune alle parole “Eccolo!”. Ricorderemo quanto eravamo uniti e tesi all’obiettivo.

E per darne un risalto maggiore, per deformazione professionale, immagino che possa esistere anche un aspetto capace di allietare la vita aziendale, in un’ottica di team building. Sappiamo di tante modalità in questa scia, il trekking, la vela, la cucina. Io immagino la potenza del Lego, lo stimolo creatore, meglio se cementando una collaborazione, in un momento “leggero” della vita aziendale.

Avrete capito che sul divano non volevo vestire i panni del filosofo. Men che meno volevo fare assurgere il Lego a Filosofia. Una semplice elegia del Lego. Volevo trasmettere una passione, vestirla di significato e mettere, in puro stile Eoo, nelle vostre mani, per qualche ora, un gioco.

Un gioco che ha la peculiarità, qualità di pochi, di poter essere sostegno del gioco più difficile che ci tocca: la vita. Per allietare la quale tutto serve, anche un Lego.

One thought on “Niente solidifica un rapporto come costruire un Lego insieme”

  1. Lego come strumento di Team Building è una bellissima idea… E scommetto che in qualche contesto se ne vedrebbero delle belle!
    Un altro “gioco” che vedo simile al Lego e il puzzle: allena la pazienza e la resilienza, oltre al gioco di squadra.

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