
Prendo spunto da questo post di un amico:
“Liliana Segre invita la Ferragni al Memoriale della Shoah di Milano. Io credo che il fine giustifichi i mezzi, ma credo anche che qualcosa stia andando storto. Credo che se per sensibilizzare una determinata fascia di popolazione si debba ricorrere ad una influencer, sia si efficace, ma non altrettanto lo è stato il percorso scolastico educativo di chi si vuole andare a colpire.
Credo che la libertà sia un diritto inderogabile, ma che allo stesso tempo sia necessario aver ben compreso il concetto stesso; io sono libero se tu sei libero. Questo ancora a molti non è chiaro, anzi spesso proprio sconosciuto. Oggi ci si arroga il diritto a qualsiasi cosa, senza, spesso, rispettare il prossimo.
Penso che chi abbia ideato bottiglie d’acqua a 10 euro, per citarne una, sia si stata un genio del marketing, ma che non rappresenti però quei milioni di deportati che su quei treni hanno visto spegnere i loro sogni. Se quei ragazzi, per recarsi al maledetto binario 21 hanno bisogno della Ferragni, credo che abbiamo fallito un po’ tutti. Credo che ci sia un limite a tutto, o forse no.”
E da questo pensiero di Margherita Hack, condiviso da me nei giorni scorsi:
“Non è necessario avere una religione per avere una morale. Perché se non si riesce a distinguere il bene dal male, quello che manca è la sensibilità non la morale”

Devo dire che da qualche tempo a questa parte, mi sembrava aver l’impressione che le nuove generazioni fossero molto più sensibili ed impegnate della precedente. Della mia almeno. Vedo tanti ragazzi attivi nel sociale, in politica, a protestare per il clima o contro le mafie. E in qualche modo la cosa mi consola. Evidentemente però la mia è, ancora una volta, una visione ristretta. Come probabilmente lo era nel giudicar la generazione precedente, inclusa la mia, che vedevo molto più edonista e vuota.
E credo proprio di condividere il pensiero del mio amico Mirco. La scelta di Liliana Segre è borderline. Una parte di me pensa anche che l’abbia fatta con un certo “fastidio” o forse amarezza lei stessa, non tanto nei confronti della Ferragni, ma con quel senso di disagio che si prova quando ci si trova a doversi rivolgere a qualcosa di così lontano da noi e dalla nostra comfort zone.
E condivido a pieno il pensiero di Margherita Hack. Quello che vedo mancare è l’impegno a coltivare la sensibilità. La sensibilità che ci permette di discernere il bene dal male. E non ditemi che bene e male sono concetti soggettivi. In parte sarà così, ma credo sia piuttosto una scusa per non prendere posizione. Ci sono eventi che è impossibile riconoscere come “bene”, uno di questi la Shoah. Le guerre ad esempio, sono bene per chi? Per i produttori di armi? Forse. Ma perché? Perché non hanno coscienza, non hanno sensibilità. Dovrebbero leggere “Pappagalli verdi” di Gino Strada per comprendere meglio il concetto di sensibilità.
So che sto vagheggiando in un ambito al limite della banalità. Che le guerre siano un male è un concetto banale. Ma ci sono concetti che nel 2022 dovrebbero essere ormai altrettanto banali e superati, eppure non lo sono: il suprematismo, il razzismo, la violenza domestica… Che un taxista debba cacciare due ospiti dalla sua auto perché hanno usato il razzismo come biglietto da visita e che serva una strage in un supermercato per parlare ancora di razzismo e suprematismo, vuol dire che qualcosa ancora non va. Che manca la sensibilità.

O forse siamo oltre? Forse se ne parla ormai talmente tanto che questo tipo di male è entrato a far parte della nostra quotidianità, della normalità ed abbiamo imparato ad andare oltre, con rassegnazione. Forse. O forse manco lo vediamo. Perché abbiamo perso la sensibilità appunto, quella che costruisce la nostra morale. Perché viviamo in un contesto iperinfomato e veloce: leggo, dimentico. L’interesse non serve, basta dire che so, che sono informato. Stop.
E allora qualcuno prova a chiamare in causa un Dio o un influencer, per riportarci alla morale.
Io però ho un timore, meravigliosa Sig.ra Segre, che i giovani che accorreranno al monumento per la Shoah per applaudire la Ferragni, verranno per lei: la top influencer, e non per apprendere circa l’evento. Verranno per vedere il suo outfit, per strapparle un selfie, un autografo. E poi se ne andranno – con la mente vuota- non appena lei se ne andrà. Senza portare con loro nulla della Shoah.
Quello che tutti noi dovremmo fare, è lavorare sulla nostra e sulla loro sensibilità. Aiutarli a costruirsi una morale. Aiutarli ad essere ambassador di una morale. Magari sostituendo l’ora di religione, con un’ora di educazione alla sensibilità, alla morale, all’empatia, all’apertura mentale, alla comprensione. Qualcosa che unisca. La religione divide, ha sempre diviso e mai cambierà.
In questo modo probabilmente, le nuove generazioni avrebbero spessore e arriverebbero a scrivere anche cose molto meno banali di questa.
Non so precisamente perché, ma la canzone che mi è rimasta in testa mentre scrivevo è questa: Through the barricades.
“Father made my history
He fought for what he thought
Would set us somehow free
He taught me what to say in school
I learned it off by heart “
Che ci fa tornare ai valori, alla libertà ed alla lotta per conservarla nel rispetto altrui. Cosa che solo la sensibilità potrà renderci in grado di farlo.
A cura di Cinzia Costi