
Ci sono argomenti ostici, quasi ancora tabù, che rendono difficile credere ci si trovi a vivere in un’epoca evoluta: il terzo millennio. La maternità, con relativi annessi e connessi, è uno di questi.
Si ha quasi l’impressione che sia un argomento fastidioso. Pare che le neomamme debbano essere per forza felici, indossare sempre quel sorriso “cheesie” a 32 denti che sprizza contentezza in ogni dove. Che a pochi giorni dal parto debbano già ancheggiare sul loro tacco 12, un fisico invidiabile e la pelle di pesca. Avete presente le pubblicità dei passeggini?

Nulla di più lontano dalla realtà, o perlomeno dalla realtà della grande maggioranza delle neomamme. Quelle che hanno un lavoro normale e che devono fare i salti mortali anche solo per tenerselo stretto, senza pensare alla carriera, perché non sono influencers con i massaggi e l’estetista pagati. Quelle che non dormono la notte, quelle con i capezzoli doloranti e un compagno che fatica a mettersi nei loro panni o a capirle (attenzione pericolo stereotipi!).
Quelle che vivono la maternità con gioia, ma che vedono la loro vita stravolgersi. Vedono il tempo per loro stesse atomizzarsi, le proprie priorità passare improvvisamente in coda a causa di un pit stop che potrà rivelarsi più o meno lungo a seconda del contesto in cui si ritrovano.
Quando si parla di tutto ciò, vedo sguardi di biasimo incrociarsi con fulminate criticanti. È come se nel terzo millennio, le neomamme dovessero essere programmate per accettare automaticamente che la loro vita venga presa, centrifugata e rivoltata. Certo, le esperienze delle amiche e i corsi pre-parto fungono da allerta. Ma tra il sapere e il reagire, c’è di mezzo tanto.
In primis la solitudine. Perché spesso, in questo terzo millennio, i figli si fanno tardi. I nonni difficilmente ci sono e se ci sono non sono disponibili. Le amiche sono prese dalle loro priorità. Il compagno ha le proprie, che possono tradursi anche soltanto nel lavoro. E le neomamme sono sole, sole tra le tante neomamme incontrate magari al parco, ma sole a fare i conti con loro stesse.

Con le spinte che vorrebbero vederle riprendersi la loro vita. Con i dubbi e le domande che non si possono esplicitare se no si passa per snaturate. Con la loro nuova vita che risucchia finanche l’ultimo grammo di energia, ma non possono dirsi stanche: sono a casa dal lavoro! Con le preoccupazioni per l’immediato futuro: devono pensare all’asilo, alle vaccinazioni, al mesiversario (che termine osceno!), perché tanto non lavorano.
Ci sarà un motivo per cui un tempo, nelle famiglie seppur patriarcali, le nonne supportavano le figlie nel puerperio e addirittura prendevano i bambini per un breve periodo nelle settimane successive, per permettere alle neomamme di ristabilirsi. Nel terzo millennio le neomamme non possono permettersi di avere questo conforto, purtroppo a volte si tende a perdere anche il buono del passato. E quindi chissà, magari leggere queste poche righe aiuterà qualche neomamma a sentirsi meno sola e a trovare un po’ di conforto.
Coraggio! Fatevi forza con questo pensiero: potrebbe mai questo mondo esistere senza le mamme? Non sono forse il vero motore dell’umanità con la loro forza, la loro perseveranza, la loro pazienza infinita. Forse non è un conforto sufficiente ad affrontare i momenti difficili e la solitudine a loro connessa. Allora accettate questo regalo: una canzone che dice “Hai un amico / un’amica”. È proprio così: non siete sole. C’è chi ci è già passato o ci sta passando. Non siete sbagliate: tutte le mamme della storia lo sarebbero e bisognerebbe reinventare la maternità. Non fatevi prendere dai dubbi: l’equazione “donna = foiata” (donna = sfoglia), non è mai esistita. Le donne, le mamme sono da sempre molto di più.