
Di Quattro Castella, paese della pedecollina reggiana, è ben nota la storia legata all’epoca medievale, alle vicende d Matilde di Canossa narrate da Donizone. Ma qualche tempo fa, anche grazie a qualche amministratore illuminato e ad Istoreco (Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea), è stata portata alla luce una storia ben più recente, ma altrettanto significativa, senza dubbio più toccante.
La storia di Etla Felman e Chaim Moshek Cywiak, una coppia di ebrei polacchi che furono internati per due anni proprio a Quattro Castella, prima di essere portati al campo di Fossoli nel 1943 e poi ad Auschwitz dove si persero le loro tracce nel 1944. Ma a Quattro Castella non c’erano Lager, cosa si intende quando si dice che sono stati internati lì?
Nel 1938 entrarono in vigore in Italia le Leggi Razziali: dall’Agosto di quell’anno, gli ebrei italiani e non, iniziarono ad essere censiti e schedati: per primi gli studenti e poi coloro che rivestivano ruoli pubblici. Negli anni precedenti alcuni studenti dall’Europa dell’Est, dove ancor prima si erano manifestate le problematiche razziali che ben conosciamo, si erano spostati verso Ovest per poter compiere il loro cammino di studi o lavorativo.
Il censimento prosegue nel ’39, anno in cui troviamo le prime tracce di Etla, arrivata in Italia con un visto turistico e di Chaim Moshek, arrivato invece con un visto lavorativo ed in transito per la Cina. Sappiamo che nel ’39 vivevano a Milano, mentre il Governo Fascista cercava di organizzare per le persone censite, un regime di internamento libero. Cosa significa in concreto? Come Etla e Moshek, le persone censite (ebree e non) venivano mandate in diversi paesi d’Italia, costretti a vivere in case locali, ma senza mostrarsi e senza poter partecipare alla vita attiva, poter uscire o avere contatti con il mondo esterno. Senza libri, giornali, socialità, soltanto con una diaria per poter vivere e sotto il controllo costante del Podestà o delle autorità cittadine.
Le ultime tracce di Etla e Moshek si ritrovano negli archivi di Quattro Castella nel Novembre del 1943, quando il paese come il capoluogo sono parte della Repubblica Sociale da un paio di mesi e viene registrata l’ultima diaria concessa alla coppia, che verrà poi spostata al campo di smistamento di Fossoli ed arriverà ad Auschwitz nel Febbraio del 1944. Da qui di Etla e Moshek non sapremo più nulla.
Non riesco a pensare ad un modo migliore per descrivere questa vicenda del titolo che Istoreco ed i suoi collaboratori, hanno dato al video che la racconta: “Nascosti in piena luce”.
Penso ai vicini, che li devono aver visti, devono essersi fatti delle domande. Penso alle autorità, che sapevano e nel dar loro la diaria dovevano essersi fatti delle domande. Credo che, sebbene Auschwitz, Birkenau, Mauthausen e gli altri campi fossero lontani, sebbene le informazioni non fossero così veloci nel circolare come lo sono oggi, non si possa dire che non si sapeva. Credo che almeno il sospetto dovesse esserci. Credo che la paura schiacciasse ogni sospetto, ogni voglia di far luce. Per questo non si vuole puntare il dito in modo semplicistico. Probabilmente non avrei fatto nulla di diverso. Ma ciò che colpisce di più in questa storia, è che non c’era un filo spinato a dividerli dal mondo libero: erano lì, bastava allungare un braccio. Chissà quanti dei cittadini del paese li avranno incrociati velocemente e avranno sorriso loro senza sapere. Complici inconsapevoli.
Qualcuno ha ipotizzato che Moshek non abbia mai chiesto un salvacondotto per la Cina perché legato da un amore indissolubile a Etla. Amore che non gli avrebbe mai permesso di lasciarla sola al suo destino. Pare non fossero sposati, o quantomeno non sembra ci siano certificati a dimostrarlo. Ma poco conta. Ciò che conta e che il loro, come migliaia di altri legami, sono stati spezzati da volontà superiori che di amore poco sapevano. Che rabbia fa, pensare a loro ed al loro amore spezzato, quando oggi spesso di vedono e si vivono legami che si trascinano, ma che non hanno più sostanza, vita e ragion d’essere. Che ingiustizia!
Ingiustizia, rabbia, vergogna, senso di colpa… Sono alcune delle emozioni che può suscitare questa vicenda. Cosa poter fare? Rimediare è impossibile, non possiamo restituire le vite tolte. Ricordare è un dovere, Questo lo sappiamo, seppur sia faticoso. Fa rabbia veder fiorire le voci dei negazionisti, anche tra i giovani. Fa rabbia vedere i programmi di storia nelle scuole, trascurare questo argomento.
Ma è invece incoraggiante ed illuminante vedere amministrazioni e biblioteche come quella di Quattro Castella, dar vita ad iniziative volte a non dimenticare. Una di queste: una cassetta della posta appesa al cancello della casa dove Etla e Moshek hanno vissuto. La facoltà lasciata a studenti e cittadini di lasciar loro una lettera postuma, poi conservata ed archiviata in Biblioteca.
Per far sì che l’impegno attivo, la solidarietà si sostituiscano ad omertà, silenzio e paura c’è solo una cosa che possiamo fare: ricordare. Il ricordo imprime le persone nei cuori.
Per non dimenticare Etla e Moshek, invito quindi chi legge a vedere il video “nascosti in piena luce” NASCOSTI IN PIENA LUCE – SULLE TRACCE DI ETLA E MOSHEK – YouTube e magari i racconti dell’iniziativa collaterale sui Social della locale Biblioteca: (2) Biblioteca di Quattro Castella | Quattro Castella | Facebook