
Per chi, come noi di Eoo, ha deciso di puntare a una visione ottimistica e positiva della vita, è difficile muoversi nell’attualità. Mi spiego. Siamo tutti avvolti nella nuvola delle quotidiane disavventure e continuare a scrivere come se niente fosse ha il sapore, all’apparenza, dell’indifferenza aggravata quasi dalla irresponsabilità
E allora è giusto prendere ogni tanto una posizione, vediamo quanto possa essere gradita e digerita. Di conforto, comunque sia. Mi riferisco alle vicende dell’Afghanistan, ma non tanto per entrare nel merito della geopolitica: abbiamo deciso di stare lontani da posizioni politiche e tanto faremo, inderogabilmente.
Mi riferisco invece al particolare aspetto della sorte delle donne: già sento nell’aria un “anche tu, voi, tutti a parlare di donne afgane!”.
Fedeli alla linea, noi vogliamo dare una chiave di lettura che sia generatrice di conforto per tutti. null’altro. Per farlo prenderemo le mosse da questa parola, perdonerete l’anglismo: crowdfunding. Di cosa si tratta? Wikipedia dice: ”Il crowdfunding, in italiano finanziamento collettivo, è un processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizza il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di persone e organizzazioni. È una pratica di microfinanziamento dal basso che mobilita persone e risorse.”
Fondamentalmente: si raccolgono soldi per iniziative di spessore etico. E pulisco la coscienza dei donanti, aggiungo io. L’altro giorno, tornando all’Afganistan, ho sentito parlare dei rischi delle donne. Ne parlava il presidente di una onlus che si fa carico della loro sorte. Mi è venuto naturale nell’ordine:
1) realizzare il mio desiderio di sanare questa ingiustizia;
2) valutare, di contro, l’incapacità oggettiva e realistica di poter avere un qualsiasi comportamento attivo e produttivo di un cambiamento in positivo della situazione, al di là di inutili bla bla
3) valutare la credibilità della onlus
4) fare una donazione
Personalmente, come quasi tutti voi, non avrei il coraggio di abbandonare tutto per dedicarmi alle disavventure del mondo, come qualcuno sceglie di fare, unendo scelta etica e lavoro: tanto di cappello!
Ma di me stesso non riesco a tollerare l’immobilità e l’indifferenza. E allora ho donato.
Mi sono immediatamente sentito bene, contento, un benessere inatteso per la mia coscienza. Sapere che qualcuno professionalmente potrà agire, ripeto agire, per una giusta causa. Il bene del dono, il senso di avere provato un piacere, più che agire per un dovere. Semplice utilitarismo, lavatrice della coscienza?
Decidete voi, io mi sono sentito bene, e credo che il connubio donazione – basta un gesto alla portata delle proprie tasche – fondazione sia vincente.
Serva per non fare finta di niente.
E’ un sentimento che spesso condivido e applico , mi fa stare bene.