Facciamo sì che un orgoglio tutto italiano non sia rovinato da qualche minuto di inutile blasfemia. E non mi riferisco all’accezione religiosa del termine, che di blasfemie di gran classe è piena. Ma a tutti quegli inutili attacchi dissacratori che non contribuiscono a migliorare la sana normalità del nostro costume.

Un insulto deliberato alla storia, al presente ed al futuro della grande fiera del costume canoro e dello stile italiano. Non barbarizziamo la più bella vetrina della italica normalità, il suo eccesso di normalità sia la guida contro una non pertinente anormalità. Già la nostra epoca è socialmente caratterizzata da accelerazioni e disarticolazioni di riferimenti e appartenenze. Fin troppo lottiamo con modelli imperanti di apparenza, prestazioni e utilitarismo, bisogni non umani, inattuali e plastici, anormali.

Spopolano sofferenze psichiche, a volte fortemente patologiche. Se un tempo l’idea di normalità era abbastanza gestibile, pur in rapporto ai diversi contesti culturali e sociali, oggi il problema di identificare la normalità e da che parte sta è più complesso. Soprattutto nel momento in cui le anormalità non sono più fucine di progressi tanto anormali quanto geniali (Michelangelo? Caravaggio? Einstein?), ma solamente anormale stupidità.

Tanto inutilmente anormali da costituire un nuovo subdolo movimento che ha la tendenza di rendere larga fetta della società convinta di essere dalla parte sbagliata, quella della normalità. Non sia questa la tendenza, la tomba della normalità, cominciando dal de profundis di Sanremo. Probabilmente gli artisti nel corso della storia del Festival hanno sempre avuto un pregio di anormalità tipico delle avanguardie artistiche (spettacolo, arte, teatro, cultura, moda, stile). Ingegnosi nel liberare il pensiero delle persone, affrancarli dalle gabbie culturali ancestrali.

Un processo liberatorio costante e crescente nel corso della storia. Prima parlavo delle sofferenze psichiche: ora assistiamo al tentativo di radicalizzarle da parte di pochi artisti anormali, totalmente anormali, ma tanto consapevolmente anormali e sofferenti psichicamente da assuefarsi a questa condizione, convincersi dell’essere loro la normalità e cercare di mettere in discussione la vita di milioni di persone, oggi realmente normali, figlie di un processo di adeguamento intellettuale costante, a cui anche Sanremo ha contribuito nel tempo. Quale risultato? masse di vite normali e probe che scatenano difficoltà psicologiche generate da fenomeni di anormalità, iconiche e deviate avanguardie che hanno un unico scopo: turbare le sane normalità, convincendole che la ragione è dalla parte sbagliata, attentando alla loro normalità.

Assistiamo al tentativo di scambio di campo epocale dove il normale si convince di non esserlo, non si riconosce più nella sua normalità, si fustiga a tal punto da tendere ad esaltare coloro che si assuefanno alla anormalità patologica, tanto da convincere tutti che è normale essere come loro. Siamo di fronte, rispetto al concetto di normalità, a uno degli aspetti più nefasti della cultura dominante.

Conduci una vita normale, eroicamente normale per tutta la settimana, sei un esempio virtuoso di quello che la normalità sana regala alle nostre vite quotidiane, poi un bel giorno scopri che la patologica devianza di alcune rappresentazioni (nemmeno persone) mette in croce le tue convinzioni. Con un effetto dirompente sulle relazioni sociali. Crisi di identità, aspirazioni nichiliste, vuoto pneumatico: la normalità. Costrutti emotivi sofisticati: le anormalità, da buttare nel water.

Una minoranza deviata che esclude una maggioranza qualificata. Esagerato? Sì esagerato, come esagerato è il flusso emotivo che rumoreggia tra le corti dei normali, dubbiosi, perplessi nel non comprendere più da che parte stare. Allora salutiamo la vittoria di Mahmood e Blanco, non mi piacciono, non è il mio stile, ma quello che cantano non è il de profundis di Sanremo, ma l’avanguardia delle normalità quotidiane.

La cosa più difficile non è essere dei fenomeni o degli eroi, la cosa più difficile è essere persone normali.
Vai Vasco!

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